lunedì 09 Aprile 2018 - h 18:17

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Dall’Ara e Weisz: le motivazioni del premio

Queste le motivazioni con cui oggi nel corso della cerimonia di premiazione della 7ª edizione della Hall of Fame del calcio italiano sono stati assegnati i riconoscimenti alla memoria a Renato Dall’Ara e Arpad Weisz:

RENATO DALL’ARA
Reggiano di origine, ma bolognese di adozione, è giustamente considerato il più grande presidente della storia rossoblù e uno dei dirigenti più vincenti in tutti i 120 anni del nostro movimento. Guidò il club emiliano per 30 stagioni, dal 1934 al 1964, quando morì a pochi giorni dallo spareggio contro l’Inter che avrebbe regalato al suo Bologna il settimo scudetto.
In totale, assieme al trofeo delle Esposizioni vinto nel 1937 contro il Chelsea, ha ottenuto cinque titoli nazionali: 1936, 1937, 1939, 1941 e, appunto, 1964, con Fulvio Bernardini in panchina e un motto noto a tutti: “Così si gioca solo in Paradiso”. Personaggio ruspante e amatissimo, con frasi e modi di dire diventati autentici tormentoni, ha contribuito in maniera decisiva allo sviluppo del calcio nazionale negli anni Trenta, vestendo d’azzurro parecchi campioni iridati: Monzeglio, Schiavio, Andreolo e Biavati. Si adoperò per dare al calciomercato una sede permanente a Milano. Dal 1983, lo stadio di Bologna è intitolato alla sua memoria.

ARPAD WEISZ
Ungherese, arrivò in Italia come calciatore, componente dell’allora fortissima Nazionale del suo Paese. Dopo una stagione in campo con l’Inter, ne divenne allenatore alla fine degli Anni 20, lanciando in prima squadra Giuseppe Meazza. Insieme, conquistarono lo scudetto del 1929-30, il primo della Serie A a girone unico. Una salvezza con il Bari e un breve passaggio a Novara precedettero il trasferimento a Bologna, squadra con cui vinse due scudetti di seguito e il trofeo delle Esposizioni. All’inizio della stagione 1938-39 – campionato che gli emiliani si sarebbero aggiudicati – fu costretto a lasciare l’incarico per le leggi razziali entrate in vigore da pochi mesi. Riparò a Parigi e poi in Olanda, dove venne catturato assieme alla moglie e ai figli. Moriranno tutti ad Auschwitz. La sua vicenda, ormai universalmente nota, rappresenta un perenne ricordo dell’orrore prodotto dalla follia antisemita del nazismo. Rimane uno dei più grandi tecnici del suo tempo, pioniere della ricerca scientifica nel calcio.

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