BENVENUTI ALLO STADIO

RENATO DALL’ARA

La Casa del Bologna Football Club 1909

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RENATO DALL’ARA

LA CASA DEL BOLOGNA FOOTBALL CLUB 1909

COME ARRIVARE

Lo stadio Renato Dall’Ara è situato in città nel quartiere Costa Saragozza; lo stadio è a 3 km dal centro, a 3.5 km dalla stazione centrale e a 7 km dall’aeroporto internazionale Guglielmo Marconi.

 

Via Andrea Costa 174, 40134 Bologna. Tel. +39 051.61.42.215

IN TRENO:

A richiesta della Questura di Bologna, TPER predispone un servizio apposito per i tifosi ospiti da e per la stazione centrale.

IN AUTO:
  • Dalla A1 (Milano-Napoli): uscire a Bologna Casalecchio;
  • Dalla A14 (Bologna-Taranto): seguire indicazioni per Firenze e uscire a Bologna Casalecchio;
  • Dalla A13 (Bologna-Padova): seguire le indicazioni per Firenze e uscire a Bologna Casalecchio;
  • Dal casello autostradale di Bologna Casalecchio, prendere l’uscita 1 della tangenziale direzione Bologna centro, sull’asse attrezzato imboccare la terza uscita che sbocca nella rotonda Onorato Malaguti, quindi prendere la prima uscita (Via Simone di Filippo dei Crocefissi, poi Via Caravaggio) fino al semaforo. Al semaforo svoltare a sx in Via Don Luigi Sturzo e proseguire diritto fino all’intersezione con Via Porrettana.
IN AEREO:

Dall’aeroporto Guglielmo Marconi linee autobus BLQ shuttle per la stazione centrale, e poi la linea autobus 77 con fermata in Montefiorino.

INGRESSO E PARCHEGGIO TIFOSI OSPITI:

L’ingresso del settore ospiti è situato in Via Menabue (laterale di Via Porrettana).
I cancelli apriranno 2 ore prima dell’inizio dell’incontro. La zona adibita a parcheggio tifosi ospiti è lungo la via Porrettana e la Via Don Luigi Sturzo.

 

 

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LA STORIA DEL DALL’ARA

I Prati di Caprara, la Cesoia e lo Sterlino

Il primo campo di allenamento e di gioco del Bologna fu ricavato nell’immensa distesa della Piazza d’Armi presso i Prati di Caprara, fuori Porta San Felice, nell’area dove oggi sorge l’Ospedale Maggiore. Le porte non erano fisse, ma venivano montate e smontate all’occorrenza. Fu su questa irregolare superficie che il Bologna vinse il Campionato Emiliano 1910, dopodichè la squadra fu costretta ad emigrare per le troppe lune storte del pastore che utilizzava il prato – ottenuto in affitto dal Demanio – per pascolare il proprio gregge. In tale pittoresco ambiente non si poteva disputare la Prima Categoria (la A di allora), cui il Bologna si iscrisse per il 1910-11, abbandonando i Prati di Caprara per la Cesoia.

Il nuovo campo fu ricavato in una zona priva di costruzioni lungo via Massarenti, che allora si chiamava strada San Vitale, nel tratto compreso tra le attuali via della Cesoia e via Paolo Fabbri. Ancora oggi, al numero 90 di via Massarenti, si trova il ristorante Cesoia, nello stesso stabile, al primo piano del quale vennero ricavati gli spogliatoi per gli atleti. Il recinto di gioco – con le porte fisse – fu delimitato da uno steccato, e vista la crescente affluenza di amici e curiosi (i primi fans!), si predispose una piccola tribunetta in legno e juta.

Sfrattati nel 1913 per un mutamento del piano regolatore, i giocatori del Bologna guidati dal Presidente Rodolfo Minelli individuarono il nuovo rettangolo di verde da adibire a campo da calcio in località Ragno, sotto le pendici di Villa Hercolani, sull’allora via Toscana (oggi Murri). Il campo dello Sterlino – da Starlén, nome dialettale di quella zona pedecollinare – venne cintato con una staccionata in legno e si innalzò una grande tribuna coperta di lamiera, con zoccolo in cemento armato. Per i posti popolari si realizzò una gradinata in terra battuta. Il 30 novembre 1913 fu inaugurato dopo cerimonia con discorso del celebre poeta Lipparini, e dopo pochi minuti della prima gara si notò subito il piccolo difetto: era leggermente in salita! Il dislivello, da porta a porta, superava il metro.

Al termine della Grande Guerra si rese necessaria una risistemazione dello Sterlino, che del conflitto portava evidenti segni: la nuova tribuna, molto più ampia della precedente, si dotò addirittura di una terrazza pensile, la prima in assoluto in Italia. E anche la gradinata popolare, modificata nel 1921, potè accogliere diverse migliaia di spettatori. Dopo la morte di Angelo Badini, l’impianto fu dedicato alla sua memoria, e fu su questo campo che si formarono le nuove leve che diedero poi vita al grande Bologna degli anni Trenta.

Ma è dal 1927 che Bologna si è dotata di uno stadio magnifico, il “Littoriale”.

 

L’inaugurazione del Littoriale

Il nome non lascia dubbi sull’impronta politica della costruzione di questo impianto, promossa infatti da Leandro Arpinati, gerarca fascista podestà di Bologna e presidente della Figc. Uno dei sogni realizzati da Arpinati fu proprio l’edificazione di un grande stadio a Bologna: iniziato nel 1925 e inaugurato il 29 maggio 1927, il “Littoriale” fu il primo stadio italiano sorto per iniziativa pubblica. Si trattava di una vera svolta nella spettacolarità della gioco e della fruizione del calcio: fino agli anni ‘20 gli impianti sportivi, anche quelli monumentali, non si adattavano felicemente alla disputa delle gare né alla loro visione. Genova era una delle rare città dotate fin dal 1911 di un impianto costruito per il calcio, nel 1924 a Udine venne inaugurato lo stadio “Moretti”, nel 1926 avevano visto la luce il “Filadelfia” di Torino e il “San Siro” a Milano (utilizzato solo dal Milan): tutti impianti destinati solamente al calcio, come il “Testaccio” inaugurato a Roma nel 1929. Il “Littoriale” di Bologna no: era un impianto polisportivo, secondo l’indirizzo fascista, in cui il campo da calcio era circondato da una pista podistica a sei corsie e lo stadio stesso era attorniato da due piscine e quattro campi da tennis, configurandosi così come una vera e propria cittadella sportiva. Inoltre, costruito alla periferia della città, presentava uno stile architettonico lontano dall’eccessiva monumentalità dell’architettura fascista, seppure ispirato alla Roma imperiale. Allo stesso modo, anche gli stadi successivamente edificati (in quel tempo ne nascevano in quantità) furono ispirati dal modello polisportivo del “Littoriale”: così l’Arena “Garibaldi” a Pisa, il “Berta” di Firenze, la “Favorita” di Palermo, il “Littorio” a Trieste, il “Mussolini” a Torino, il “Cimbali” di Catania, il “Via Vesuvio” di Napoli ed il “Menti” di Vicenza, uno degli impianti più moderni dell’epoca. A Bologna, in occasione della posa della prima pietra del “Littoriale” giunse in città il Re Vittorio Emanuele III, mentre Mussolini si presentò il 31 ottobre 1926 su un cavallo bianco, lo stesso su cui venne immortalato nella statua a lui dedicata che campeggiò dal 1927 al 1943 nell’abside che sovrasta i distinti. I muri erano realizzati con il tipico mattone rosso bolognese e le finestre ad arco contribuivano a renderlo un apprezzabile edificio; un’ulteriore particolarità fu conferita, oltre che dal collegamento al portico più lungo del mondo (il portico di San Luca), dalla costruzione della torre di Maratona nel settore opposto alla tribuna. La capienza del “Littoriale” era da capogiro: 50.100 posti, quasi a voler spaventare le compagini avversarie che si trovassero a giocare contro il Bologna e i bolognesi. E in occasione della prima partita ufficiale disputata qui i posti si riempirono tutti: era il 29 maggio 1927 e ad assistere alla vittoria dell’Italia sulla Spagna per 2-0 (con un gol del capitano rossoblù Della Valle) furono addirittura 55.000 spettatori, record assoluto per gli anni ‘20. Fulvio Bernardini giocava allora nella squadra azzurra e ricorda come, alla vigilia della partita, Bologna fosse in pieno fermento e sembrasse la sede di una grande fiera nazionale: macchine con tutte le targhe, treni che scaricavano gente vociante proveniente da tutta Italia, alberghi, ristoranti e locali stracolmi. Un successo che avrebbe contribuito alla scelta di questo stadio come uno degli impianti in cui ospitare il Mondiale del 1934, vinto dalla Nazionale azzurra.

 

Lo stadio cambia nome: prima “Comunale” poi “Dall’Ara”

Con la caduta del regime fascista, lo stadio bolognese cambiò nome: dal dopoguerra divenne il “Comunale”. Gradualmente la città si espanse fino a comprendere la zona dello stadio, ben presto al centro di un’area residenziale affollata e trafficata.
Si fece quindi largo la proposta di costruire un nuovo stadio, molto più capiente, in una zona più periferica: a fine anni ’60 era gettonata la candidatura di Borgo Panigale, più volte indicato dal “Resto del Carlino” come la futura sede dello stadio rossoblù. Il progetto non andò mai in porto, nonostante ad un certo punto, nel 1968, la costruzione di un impianto polisportivo comprendente anche un ippodromo ed un velodromo fosse data per certa dal principale organo di stampa cittadino.

Non se ne fece nulla: il “Comunale” rimase al suo posto ed è tuttora la sede degli incontri casalinghi del Bologna. Tuttavia sono da segnalare altre due tappe significative della storia dello stadio bolognese. Innanzitutto, l’ultima e definitiva modifica del suo nome: nel 1983 fu deciso che sarebbe stato intitolato alla memoria di Renato Dall’Ara nel giorno del ventennale della sua scomparsa. Più recentemente, lo stadio bolognese è stato invece profondamente rinnovato a livello architettonico: in occasione dei Mondiali di Italia ’90, infatti, è avvenuto un ampliamento della capienza (fino a 38.279 posti a sedere), oltre ad essere stato creato il rivestimento con le scale esterne. Infine, il 10 maggio 2009 la curva che da sempre ospita i sostenitori rossoblù è stata intitolata a Giacomo Bulgarelli, scomparso tre mesi prima. “Eterna bandiera rossoblù”, recita la targa collocata all’interno dell’ingresso dello stadio su via Andrea Costa.

 

Un perfetto terreno di gioco

Il fiore all’occhiello dell’impianto bolognese è però il manto erboso. In un periodo in cui i campi di gioco sono al centro di mille polemiche per la loro scarsa praticabilità (zolle che si staccano dal terreno, a volte quasi sabbioso, allagamenti, congelamenti, scarsa quantità e qualità dell’erba), il “Dall’Ara” ha sempre risposto all’appello, ospitando nel migliore dei modi le partite in tabellone, anche nelle condizioni climatiche più ostili. Il segreto del “Dall’Ara” sta nel vespaio collocato ad un metro di profondità e costituito da sassi di fiume disposti in modo da formare piccoli canali attraverso i quali l’acqua defluisce agevolmente; si tratta di una tecnica di drenaggio antica ma sempre all’avanguardia. Il mix di erbe, poi, garantisce la compattezza del manto erboso, che può affondare le radici in almeno 40 cm di terreno attivo. Questi ed altri accorgimenti hanno fatto sì che in quasi 90 anni non si sia mai resa necessaria una rizollatura del campo del “Dall’Ara”, se non in una percentuale davvero minima. La tenuta del terreno di gioco è nota a livello continentale: il “Dall’Ara” è un vero valore aggiunto della realtà rossoblù.

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